La Norvegia è stata chiara: non comprerà più prodotti delle multinazionali che provocano disboscamento… E noi cosa aspettiamo?

Sin dagli albori della nostra razza, era chiaro sin da subito che ci fossimo evoluti per la manipolazione. Ciò significava irrimediabilmente che avremmo modificato l’ambiente nel quale ci trovavamo per renderlo meno ostile e più accogliente, aumentando in tal modo le nostre capacità di sopravvivenza. Ciò è sempre stato valido in particolar modo per gli alberipoiché, se da una parte dalle foreste distrutte si ricava terreno edificabile, dall’altra il materiale ottenuto – il legno – è sempre stato utilizzato per gli scopi più svariati. Ma c’è un problema.

Dall’inizio dell’epoca industriale infatti il disboscamento del globo è aumentato esponenzialmente, al punto che oggi siamo sull’orlo della catastrofe biologica a causa della distruzione incondizionata delle aree forestali. Le piante sono infatti un elemento imprescindibile per la vita su questo pianeta, nonché per il benessere dei membri della nostra stessa razza. Ma l’avidità umana ha fatto sì che anno dopo anno venissero abbattute regioni vastissime di quelli che sono i “polmoni della terra”, a tal punto che oggi persino gli uomini di governo stanno iniziando ad interrogarsi su questo disastro.

E’ in particolare la Norvegia, tradizionalmente uno dei Paesi più sensibili alle condizioni sociali ed alle problematiche che coinvolgono l’intero pianeta, ad aver fatto un significativo passo avanti verso il progresso ed il futuro. Il Governo norvegese ha infatti stabilito che la deforestazione e l’abbattimento indiscriminato degli alberi non possano più essere considerati tollerabili, pertanto non acquisterà più prodotti che siano in qualche modo associabili alla deforestazione. Ciò significa che il Parlamento norvegese non firmerà più alcun contratto con aziende collegate al disboscamento.

Si tratta di una decisione storica di importanza cruciale, poiché la Norvegia in questo modo potrebbe fungere da testa di ponte per altri Paesi che volessero seguirla in questa battaglia per la salvaguardia del pianeta Terra. Ovviamente l’ideale sarebbe che tutta l’Europa, quindi l’UE intera, si interessasse alla questione spalleggiando la Norvegia nella sua coraggiosa decisione, in modo tale da dare finalmente un segnale forte alle multinazionali che speculano sul disboscamento del pianeta, sebbene purtroppo questo traguardi sembri ancora molto distante dal poter essere raggiunto.

E’ infatti ad oggi altamente improbabile che tutte le altre nazioni, Italia compresa, possano rifiutarsi improvvisamente di stringere accordi commerciali di qualsivoglia genere con qualsiasi azienda impegnata nella distruzione degli alberi su scala globale, sebbene il nostro istinto di sopravvivenza dovrebbe portarci per forza proprio in quella direzione. La FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) ha denunciato che il disboscamento terrestre tra il 2000 ed il 2010 è proseguito a 5,2 milioni di ettari l’anno, in calo rispetto al decennio precedente ma ancora troppo elevato.

Ciò significa che se non verrà rallentato questo processo fino a quando non ci sarà la piena sostenibilità, in breve tempo gli alberi potrebbero letteralmente estinguersi, una possibilità considerabile come pura fantascienza fino a soltanto cinquant’anni fa; eppure oggi diventata una triste realtà con la quale dover fare i conti. Per questo motivo è opportuno guardare oggi al futuro ed accompagnare così la scelta della Norvegia, diventata a tutti gli effetti il primo Paese al mondo ad aver adottato una politica di “deforestazione zero“.

 

tratto da: https://news.fidelityhouse.eu/notizie-curiose/la-norvegia-e-stata-chiara-non-comprera-piu-prodotti-associati-alla-disinfestazione-286682.html/2?vers=35134e336ec8a11e8d2c656c867b3ddc

In tutta l’Italia si tagliano alberi per fare posto alle antenne 5G…!

Quello che vi proponiamo è un video che non esitiamo a definire impressionante. E’ un lungo elenco di città italiane dove sono stati tagliati gli alberi. Possibile che il taglio degli alberi, contemporaneo in tantissime città del nostro Paese, grandi e piccole, sia solo casuale? Dicono che legare tale fenomeno al 5G è troppo semplice. Dimenticando, come raccomanda Sherlock Holmes, che “sono proprio le soluzioni più semplici quelle che in genere vengono trascurate”…

Ci siamo più volte occupati della tecnologia 5G e dei possibili pericoli per la salute umana. L’abbiamo fatto sia perché non ci convince il fatto che in mezzo mondo, contemporaneamente, si taglino alberi (si dice che gli alberi vengano eliminati perché ostacolerebbero le antenne della tecnologia 5G), sia perché su certi siti gestiti da soggetti che pensano di detenere la verità in tutto, abbiamo letto articoli contrari a chi pensa a possibili danni provocati sempre da questa tecnologia.

Noi seguiamo molto attentamente i siti che detengono le ‘verità’. Ce n’era uno, in particolare, che, a proposito della battaglia per un grano pulito che conduciamo da oltre tre anni, scriveva che noi scrivevamo “bufale”.

Da quando il Tribunale ci ha dato ragione contro le multinazionali della pasta industriale, bontà loro, ci hanno ‘sbufalato’, nel senso che non scrivono più che noi scriviamo “bufale”.

Però noi continuiamo a seguirli lo stesso con interesse: perché, in alcuni casi, indirettamente, i forniscono spunti preziosi…

Ci siamo già occupati – sempre per citare un altro articolo che abbiamo pubblicato – dei possibili effetti negativi che la tecnologia 5 G potrebbe provocare alla salute umana, all’ambiente e, in generale, al mondo animale e vegetale. E l’abbiamo fatto citando alcune considerazioni di una scienziata, la dottoressa Sharon Goldberg: considerazioni tratte da un articolo pubblicato da The Living Spirits.

Oggi proponiamo ai nostri lettori un video, per certi versi impressionante, che abbiamo rintracciato sulla rete. Perché lo definiamo impressionante? Perché, nella sua semplicità, ci dà la misura di quello che sta succedendo in tantissime città italiane da Nord a Sud, passando per il Centro.

Sembra incredibile, ma in tantissime città italiane si stanno tagliando alberi. Nel video siamo citati anche noi: un nostro articolo che denuncia uno dei tantissimi tagli degli alberi disposti dall’attuale amministrazione comunale di Palermo.

Una cosa molto interessante sulla quale vi invitiamo a riflettere è una scusa, molto comune, utilizzate per giustificare il taglio degli alberi: gli stessi alberi, ci dicono, si sarebbero “ammalati”.

La particolarità è che gli alberi di una zona si ammalano tutti contemporameamente…

Ovviamente, chi ci ha citato non sa che, a Palermo, solo per realizzare tre ‘sgarrupate’ linee di Tram, sono stati abbattuti oltre mille alberi!

Ma adesso ci stiamo dilungando troppo. Vi invitiamo a seguire questo video. E’ illuminante per capire quello che stanno combinando in Italia.

VIDEO SUI PERICOLI DEL 5 G 

fonte: https://www.inuovivespri.it/2019/08/08/in-tutta-litalia-si-tagliano-alberi-per-fare-posto-alle-antenne-della-tecnologia-5g-video/?fbclid=IwAR14oxhM0sidRXAcwcLZkMgQPqaUZmzjZxPFf03HZnzqqqMb08iYbEmzLpY#0OqOVSjzbZIWyWdH.99

Pasta: ecco perché si dovrebbe evitare quella più gialla

PASTA – IL PERICOLO GIALLO. Prendetevi 2 minuti, sedetevi e leggete con calma, perché è un argomento molto importante!

Guardate quest’immagine: a sinistra troviamo una pasta di grano autoctono siciliano perciasacchi, essiccata a bassissima temperatura; a destra l’esempio di una pasta ‘precotta’, essiccata ad altissima temperatura.

Vi spiego il perché! Sapete benissimo che l’alimento base dell’alimentazione degli italiani è la PASTA secca, prodotto ottenuto dall’impasto e dal successivo essiccamento di semola di grano duro ed acqua, che è anche uno degli prodotti italiani più apprezzati e conosciuti in tutto il mondo. Ma il nostro alimento più amato ha due grossi e pericolosi nemici:

GLIFOSATO. L’Italia è il primo produttore di grano duro dell’Unione Europea ma, per diversi motivi, non riesce a raggiungere l’autosufficienza negli approvvigionamenti e quindi siamo costretti a importare la materia prima dall’estero.

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In particolar modo dal Canada, che è il primo fornitore di grano duro per l’industria alimentare italiana.

Ed il problema è che le basse temperature delle terre canadesi non consentono una maturazione naturale del grano che, per espletare il suo ciclo colturale, ha bisogno di essere irrorato con massicce dosi di glifosato, ovvero l’erbicida più usato nel mondo e inserito dallo IARC, l’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, facente parte dell’Oms, nella lista delle sostanze “probabilmente cancerogene” (gruppo 2A).

ALTA TEMPERATURA DI ESSICCAZIONE

La tecnica di produzione è abbastanza lunga e si compone di diverse fasi, di cui una delle più importanti è quella dell’essiccazione.

L’essiccazione ad alta temperatura (>90°C) comporta una netta riduzione dei tempi di essiccazione e quindi una maggior produttività e minori costi.

Una pasta essiccata ad alte temperature, però, ha sì un ottimo comportamento in cottura, ma le elevate temperature raggiunte durante l’essiccazione (che possono superare anche i 115°C) deteriorano, tra le altre cose, anche la struttura del glutine, provocando una minore digeribilità e una conseguente irritabilità per l’intestino.

Ecco svelato l’arcano: la “moderna” pasta italiana non scuoce mai perché viene ‘precotta’ a 115-120°C. Ma questo processo fa sì che il prodotto cambi colore e perda sapore.

Il confronto nell’immagine evidenzia la netta differenza. La scelta della pasta da consumare è fondamentale per cercare di ridurre i rischi per la nostra salute.

Dovremmo sempre orientarci su un prodotto locale, biologico, magari di grani antichi, trafilato in bronzo ed essiccato a basse temperature.

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In questo articolo, molto ben scritto, viene illustrato il “pericolo giallo” nel dettaglio: https://bit.ly/2NTWNji

Articolo scritto da Paolo Caruso e Paolo Guarnaccia – Dipartimento Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell’Università di Catania. Foto presa da Simenza.

Dire addio a condizionatori e riscaldamento grazie all’isolamento termico della canapa è possibile ma nessuno ve lo dice.A Pisa la prima casa in canapa.FOTO

Dire addio a condizionatori e riscaldamento grazie all’isolamento termico della canapa. In provincia di Pisa sta nascendo la prima casa passiva in canapa e calce. Il cantiere è aperto e si trova a Cascina, in località San Prospero. La casa passiva in canapa garantirà il massimo risparmio energetico, tanto che non servirà nemmeno installare un impianto di riscaldamento. Inizia così un maggior distacco dalle fonti non rinnovabili?
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La sua costruzione avverrà grazie ad un biocomposto in canapa e calce. Con l’aiuto della canapa si ha la garanzia di creare abitazioni ben isolate dal punto di vista termico e acustico. Tutto ciò grazie a materie prime il più possibile naturali e traspiranti. La speranza è che queste nuove applicazioni della canapa portino ad una riscoperta della sua coltivazione. Per decenni abbiamo accantonato la canapa e tutte le sue potenzialità.
Ora proprio la sua coltivazione potrebbe portare ad una rivoluzione dell’edilizia green. E magari gettare luce sugli altri possibili impieghi, con particolare riferimento al settore tessile, alimentare e ad una produzione di carta più sostenibile.
La coltivazione della canapa purtroppo nei decenni passati ha attraversato un periodo di proibizionismo. Gli interessi economici si sono rivolti altrove. L’Italia era un Paese florido per quanto riguarda la produzione di canapa e ora sta riscoprendo questa risorsa.
La canapa ha il vantaggio di inglobare anidride carbonica nel corso del proprio ciclo di vita, in quantità superiore alla quantità immessa in atmosfera per la produzione del biocomposto di calce e canapa prescelto per la costruzione della casa passiva di Pisa.

Nei prossimi mesi vedremo sorgere una villetta a due piani con struttura portante in legno FSC e muri di tamponamento realizzati con il composto di canapa e calce, che verrà utilizzato anche per isolare la copertura, garantendo la massima traspirabilità dell’involucro.

pisa casa canapa

Ciò che rende speciale questa casa passiva in calce e canapa è il fatto che non sarà necessario installare né un impianto di riscaldamento né un impianto di raffrescamento.

Questo per via dell’elevato isolamento termico garantito dai materiali da costruzione. Verrà invece inserito un impianto di ventilazione con efficacia di recupero del calore pari al 98%. Per gli elevati standard di sostenibilità, la casa passiva di calce e canapa potrebbe ottenere la certificazione Casa Clima Gold. Vi piacerebbe abitare in una casa alternativa di questo tipo?

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Di Marta Albè

Torna il grano antico. L’ambiente ringrazia e il pane diventa più buono e più sano. Come quello dei nostri nonni…

Il pane che mangiamo oggi, di sicuro, non è il pane che mangiavano i nostri nonni, quello a base di farina del cosiddetto grano antico.

Abbiamo già spiegato in un precedente articolo, come il nostro comune grano sia in realtà frutto di una ricerca genetica effettuata intorno agli anni ’60, ’70. Abbiamo visto come, ad esempio, in un’intervista il dott. William Davis abbia definito il grano moderno come un “veleno cronico perfetto”.

Questo perché le piante che abbiamo oggi contengono sostanze particolari, come ad esempio la proteina chiamata gliadina.

Secondo alcune teorie, la quasi “epidemica” diffusione della celiachia è causata proprio dalle graduali modifiche che il nostro ben noto cereale ha subito nel corso degli anni. Da un punto di vista puramente tecnologico, sembra che l’arricchimento della farina in glutine faciliti il lavoro di produttori di pane e pasta, ma comprometta le qualità organolettiche, funzionali e nutrizionali della materia prima.

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Ed ecco che arriva una bella notizia.

In alcune zone dell’Italia sta soffiando un vento nuovo, un vento intenzionato a riportarci al passato, lontani dagli interventi di selezione e dalle modifiche genetiche effettuate dagli uomini. Ed è proprio all’interno di questo vento nuovo che sta trovando spazio la coltivazione del grano antico.

Sotto la dicitura grano antico sono raccolti tutti quei grani che non hanno subito interventi di selezione da parte dell’uomo e che non sono stati modificati geneticamente, rimanendo “originali”

Ma cosa sono e perchè consumare grani antichi?
I grani antichi altro non sono che varietà del passato rimaste autentiche e orginali, ovvero che non hanno subìto alcuna modificazione da parte dell’uomo per aumentarne la resa. Tra questi il più noto e diffuso è il canadese Kamut, ormai diventato un vero e proprio brand registrato e un business mondiale. Anche l’Italia, però, ha le sue varietà antiche da riscoprire.

Un esempio tra i più conosciuti a livello nazionale è il Senatore Cappelli ma ne esistono molti altri a seconda della regione di produzione. Esistono ad esempio il Saragolla, la Tumminia, il Grano Monococco, il Gentil Rosso, la Verna, il Rieti, ecc.

Tanti i motivi per cui bisognerebbe consumarli più spesso:

1) NON HANNO SUBÌTO ALTERAZIONI

I grani antichi non sono stati rimaneggiati geneticamente dall’uomoe per questo hanno una resa molto minore rispetto al più diffuso e moderno grano. Le loro spighe solo alte con sfumature scure e chicchi irregolari. Non vengono lavorati a livello intensivo e tutto ciò giustifica anche un prezzo di vendita più alto, a fronte però di un prodotto più sano e genuino.

2) SONO MENO RAFFINATI

I grani antichi vengono generalmente lavorati con la macinazione a pietra, la farina che si produce è quindi molto meno raffinata rispetto a quella prodotta con grano moderno. Grazie a questo tipo di lavorazione, infatti, si ha un prodotto che potremmo considerare semi-integrale, ovvero rispetto alle farine 0 o 00 si mantengono molto di più le proprietà nutrizionali presenti nel chicco.

3) HANNO MENO GLUTINE

La modificazione del grano moderno ha fatto sì che esso diventasse molto più ricco di glutine, con tutti gli svantaggi che ciò comporta per il nostro organismo. I grani antichi, invece, mantengono un rapporto più equilibrato tra presenza di amido e presenza di glutine, contenendo una percentuale minore di questa proteina di cui ultimamente tanto si discute.

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4) SONO PIÙ LEGGERI E DIGERIBILI

La minore presenza di glutine all’interno dei grani antichi, rende la farina da loro prodotta e di conseguenza tutti i prodotti che vi si possono ricavare, molto più leggeri, digeribili e assimilabili di quelli realizzati con il grano moderno. I grani antichi sono adatti a tutti i tipi di preparazione e sono ottimi anche da integrare nell’alimentazione dei bambini.

5) EVITANO LO SVILUPPO DI INTOLLERANZE

La gluten sensitivity, ovvero la sviluppata sensibilità al glutine che si riscontra sempre più frequentemente negli ultimi anni, è probabilmente dovuta ad un consumo eccessivo del grano moderno ricco in maniera smisurata di glutine. Il vantaggio di utilizzare grani antichi, meglio ancora se variando la propria alimentazione con cereali senza glutine, scongiura o quanto meno allontana, la possibilità di sviluppare intolleranza al glutine. I celiaci invece, così come non possono consumare grano moderno, non possono neppure inserire grani antichi nella propria alimentazione.

6) SONO PIÙ BUONI E PREGIATI

I grani antichi hanno sfumature di odori e sapori che l’industriale grano moderno può solo sognare. Se fate in casa del pane con una farina ricavata da un grano antico (meglio se utilizzando pasta madre come lievito naturale) vi renderete conto della differenza. Inoltre, essendo il più delle volte frutto di piccole produzioni agricole, sono di qualità migliore e più pregiati.

7) SI AIUTANO I PICCOLI PRODUTTORI

La riscoperta dei grani antichi è merito soprattutto dei piccoli produttori agricoli che ogni giorno con coraggio affrontano la concorrenza del grande mercato e scelgono comunque di produrre grani di qualità anche se non sempre gli conviene. È per questo che vanno aiutati a sopravvivere, acquistando, anche se sono un po’ più costosi, i loro prodotti.

8) FILIERA CORTA

Acquistare grani antichi è un ottimo metodo per scegliere la filiera corta ed evitare di prendere prodotti che arrivano da chissà dove. Ovviamente, data la varietà dei grani antichi, è consigliato prediligere e acquistare quelli tipici del proprio territorio. Si può chiedere a degli agricoltori di zona qualche consiglio in merito.

9) TUTELA DELLA BIODIVERSITA’

Un discorso molto importante da fare è anche quello legato alla biodiversità. Acquistare almeno ogni tanto grani antichi significa tutelare la biodiversità del proprio territorio o di altre zone di Italia. Questi grani infatti, proprio perché i costi di produzione sono più elevati a fronte di una resa più bassa, rischiano di scomparire e ciò ovviamente sarebbe un vero peccato!

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10) VALORE STORICO E CULTURALE

Accanto al valore della riscoperta di questi grani antichi in termini di biodiversità, altrettanto importante è cercare di continuare a farli vivere e crescere per il loro valore storico e culturale. Le popolazioni antiche si sostentavano prevalentemente con questi cereali che variavano da zona a zona a seconda delle condizioni ambientali. Un bel patrimonio da tutelare insomma, per non dimenticare mai l’origine delle nostre terre.

11) RICHIEDE MENO RISORSE IDRICHE DI QUELLO INDUSTRIALE

le risorse idriche si stanno riducendo rapidamente. I cereali antichi richiedono meno risorse idriche. Lo studio – che sarà pubblicato sulla rivista Science in the Total Environment a luglio 2019 – ha rilevato che la produzione cerealicola dell’India è aumentata nel decennio fino al 2014 del 26,4% – e in modo molto incoraggiante, senza un uso aggiuntivo di acqua o suolo. Come scrive FoodNavigator, i ricercatori hanno scoperto che l’impronta idrica di quattro dei cinque principali cereali coltivati in India era diminuita tra il 2005 e il 2014 a seguito di cambiamenti nelle pratiche di produzione di cereali, con il ritorno ai semi antichi.

DOVE TROVARLI

I grani antichi, purtroppo, non sono sempre di facile reperibilità. Generalmente si trovano nei negozi di alimentazione biologica, nei mercati contadini, in alcuni alimentari molto forniti o specializzati in prodotti artigianali. Le alternative sono due: individuare sul proprio territorio un’azienda agricola che li produce e rifornirsi lì, oppure acquistare su internet. Ci sono vari siti dove troverete diverse possibilità per acquistare grani antichi, tra questi: Tibiona e BioLand.

fonte: varie dal web

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La lotta al cancro ad una svolta grazie alla genialità Italiana? – Tumori “infilzati e bruciati” a 150 gradi, paziente guarisce da 2 neoplasie a Padova

Tumori, a Padova intervento su un anziano che ha del miracoloso. Tutto risale alla primavera scorsa quando, a un controllo ecografico, all’uomo venivano diagnosticati due tumori primitivi a fegato e rene. Il paziente soffriva inoltre di una seria malattia cardiaca che controindicava un intervento di chirurgia maggiore per via del rischio anestesiologico-chirurgico. «Un quadro clinico complessivamente disarmante».

La soluzione è stata quella di «infilzare, cuocere, bruciati, e annientare contemporaneamente a 150 gradi» i due tumori. L’ottantenne padovano – annuncia l’Ulss 6 Euganea – è stato così protagonista di «un intervento sincrono su una coppia di lesioni cancerose, a fegato e rene, mediante termoablazione con microonde ecoguidata per via percutanea: un intervento, cioè, dove non viene utilizzato un bisturi, ma un ago che attraversa la pelle del paziente (via percutanea) fino a raggiungere la zona malata, uccidendo le cellule tumorali mediante il calore». L’uomo era stato giudicato inoperabile con le tecniche tradizionali a causa di patologie pregresse.

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Valutato circa un anno fa nel reparto di Gastroenterologia dell’ospedale Sant’Antonio di Padova per una epatopatia cronica Hcv-correlata – spiegano dall’azienda sanitaria – era stato sottoposto a terapia con nuovi farmaci che avevano permesso l’eradicazione del virus. Il grado dell’epatopatia, però, consigliava una presa in carico con controlli semestrali serrati, esami ed ecografia per via del concreto rischio di comparsa di tumore al fegato (epatocarcinoma), in caso affermativo da contrastare con diagnosi tempestiva.

Alla luce della situazione, l’équipe dell’Unità operativa semplice di Epatologia dell’ospedale Madre Teresa di Calcutta di Monselice, diretta da Mauro Mazzucco, in seno all’Unità operativa complessa di Medicina guidata da Lucia Leone, ha proposto l’intervento di termoablazione mediante microonde, ecoguidato per via percutanea con trattamento sincrono delle due lesioni, epatica e renale. L’intervento, eseguito in sedazione profonda e respiro spontaneo (non quindi in anestesia generale), è durato circa 20 minuti per il trattamento dei due tumori. Il controllo con ecografia con mezzo di contrasto eseguito a 24 ore ha dimostrato la completa eliminazione di entrambi e il paziente è stato dimesso.

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fonte: https://www.ilmessaggero.it/salute/medicina/tumori_bruciati_cotti_fegato_rene_oggi_padova_ultimissime_10_luglio_2019-4610621.html

Monsanto perde milioni di dollari in India.Gli agricoltori boicottano gli ogm e utilizzano i loro semi

La società agrochimica Monsanto sta perdendo milioni di dollari in India perchè gli agricoltori ora piantano le proprie sementi autoctone invece degli ogm.

Sono oltre 10 anni che la Monsanto spinge  (illegalmente con l’appoggio di alcuni politici a suon di “mazzette”) nel mercato indiano e non solo una forma di semi ogm di cotone: il Cotone Bt. Essi sono risultati completamente fallimentari in quanto le piante che ne derivano sono deboli, si ammalano spesso e sono facilmente attaccabili dai parassiti.

Il Cotone Bt contiene un batterio chiamato Bacillus thuringiensis, che produce tossine che dovrebbro essere dannose per gli insetti che attaccano il cotone. Essi invece, nell’ arco del tempo diventano immuni da tali tossine diventando più forti anche contro le mutazioni genetiche.

Ciò ha provocato una scarsità di raccolti e danni economici non indifferenti agli agricoltori e alla nazione (la cui economia si basa molto sulla produzione di cotone).
Per non parlare degli oltre 300.000 agricoltori morti negli ultimi 10 anni, tutte morti attribuite a Monsanto, tra le quali per una buona parte si tratta di suicidi collegati, secondo i rapporti, alla avidità della società.

Finalmente è arrivata la reazione degli agricoltori appoggiati dal governo indiano che ha emanato leggi ad hoc a riguardo.

Quest’ ultimo infatti ha iniziato a promuovere attivamente l’uso di sementi autoctone di cotone, ed ha dichiarato illegale, tramite apposite leggi, sia la commercializzazione sia la semplice pubblicizzazione di semi ogm Monsanto.
Il risultato è che la Monsanto ha già perso i 15%  delle vendite in India, percentuale destinata a crescere fino alla perdita definitiva de mercato indiano per la multinazionale di sementi più importante al mondo.

Il passaggio completo dalla coltivazione del cotone Bt Monsanto a quella effettuata con sementi autoctone potrebbe richiedere molti anni, poiché il 96% del raccolto di cotone in India deriva ancora  da semi ogm, ma almeno gli indiani hanno iniziato ad opporsi a questo colosso che vorrebbe dominare il mondo….

via JedaNews

Batosta meritata: 46 anni di carcere confermati per 9 grandi banche islandesi (Notizia censurata in Italia)

Nessun media italiano racconta ovviamente quello che è successo in Islanda. Una punizione meritata che dovrebbe essere imposta anche ai nostri truffatori… non solo banchieri, ma anche politicanti truffaldini. L’Islanda ha agito in modo diverso dal resto dell’Europa e degli Stati Uniti, consentendo che i banchieri fossero perseguiti come criminali piuttosto che trattarli come una specie protetta.

L’Islanda ha riconosciuto nove banchieri (le banche principali) colpevoli e li ha condannati a decenni di carcere per reati connessi alla crisi economica del 2008. Giovedi, 6 ottobre la Corte Suprema islandese ha reso un verdetto di colpevolezza per i nove imputati per manipolazione del mercato, dopo un lungo processo che ha avuto inizio nel mese di aprile dello scorso anno.

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Kaupthing, la più grande banca islandese, leader a livello internazionale, con sede a Reykjavik, in Islanda, si è sviluppata a livello internazionale per anni, ma è crollata nel 2008 sotto il peso di enormi debiti, paralizzando l’economia della piccola nazione. Chiedendo alla giustizia che i banchieri fossero soggetti alle stesse leggi alle quali sono soggetti tutti i cittadini, l’Islanda ha adottato una strategia del tutto diversa da quella dell’Europa o degli Stati Uniti, dove le banche hanno ricevuto multe simboliche, ma dove direttori e mecenati non hanno avuto alcuna pena.

Mentre i governi americani/europei salvano le loro grandi banche con i soldi dei contribuenti, inducendo i banchieri nei loro comportamenti malvagi – l’Islanda ha adottato un approccio diverso, dicendo che avrebbe lasciato fallire le  banche, eliminando e punendo i criminali che hanno portato queste banche sul lastrico. Soprattutto, l’Islanda, ha scelto di proteggere i risparmi dei cittadini. Così, l’ex direttore della banca Kaupthing, Már Sigurðsson Hreiðar, che era già stato condannato e imprigionato lo scorso anno, ha visto ora la sua prigionia prolungata di altri sei mesi.

Secondo l’Islanda Monitor, i nove banchieri sono stati riconosciuti colpevoli di reati legati alla finanza: acquisti abusivi di azioni e vendita con l’inganno di azioni truffa ai propri clienti, esattamente come è successo in Italia con Banca Etruria, giusto per fare un esempio (dove proprio in questi giorni i responsabili sono stati invece tutti assolti).

L’approccio islandese
Questi fatti rappresentano solo l’ultimo giro di vite dell’Islanda in merito al crollo economico. Le autorità hanno condannato i padroni delle banche, gli amministratori delegati e i funzionari governativi per reati che vanno dall’insider trading alla frode, al riciclaggio di denaro e violazione di diritti da parte di funzionari. Nel frattempo, l’economia, che nel 2008 era crollata, oggi è ripartita alla grande, dopo aver lasciato le sue banche fallire, e imponendo controlli sui capitali a protezione dei propri cittadini.

La volontà dell’Islanda è in netto contrasto con quanto praticato nel Regno Unito, nel resto d’Europa e negli Stati Uniti, dove i banchieri colpevoli, grazie ai salvataggi governativi, hanno continuato a fare profitti fenomenali e a intascare bonus osceni come se nulla fosse accaduto.

L’anno scorso, perfino il Fondo monetario internazionale aveva riconosciuto che l’Islanda era tornata in ripresa economica “senza compromettere il suo modello di welfare”, e soprattutto senza punire i suoi cittadini per reati commessi dai suoi banchieri.

Fonte originale: http://yournewswire.com/iceland-jail-bankers-46-years/

Fonte: http://laveritadininconaco.altervista.org/

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La melatonina “veleno” per la cellula tumorale.E Big Pharma riduce le concentrazioni delle compresse in commercio!

L’80% circa dei farmaci che oggi utilizziamo deriva, in un modo o nell’altro, da sostanze farmacologicamente attive presenti nei cibi, nelle piante e in qualche modo diffusa nel mondo naturale.
Molte di queste sostanze vengono studiate nel mio laboratorio di Systems Biology, cioè di Biologia dei Sistemi complessi, dell’Università La Sapienza di Roma, dove le ricerche vengono condotte in aderenza ai più rigorosi di sperimentazione scientifica e i cui risultati sono regolarmente pubblicati su riviste internazionali peer reviewed ad alto valore d’impatto scientifico.
In particolare il mio laboratorio si è da sempre caratterizzato, ed è attualmente il laboratorio leader, nel campo degli studi della melatonina in Italia. Siamo inoltre in stretto rapporto con il primo grande padre degli studi in questo settore, il professor Reiter dell’Università di San Antonio in Texas, e abbiamo evidenziato come la melatonina come principio farmacologico intervenga su diversi percorsi della cellula tumorale, sia della mammella che del colon, attivando quei processi che facilitano il suicidio della cellula stessa.
La melatonina riesce a superare le barriere che il tumore della mammella frappone cercando di evitare di morire. Di fatto associando la melatonina alle terapie convenzionali o anche dandola in associazione ad altri principi naturali, come per esempio la vitamina D, si riesce ad avere un aumento della morte delle cellule tumorali fino all’80-90%.
Questo è importante perché la melatonina è un farmaco pressoché privo di effetti collaterali e può essere associato con assoluta tranquillità ai trattamenti potenziandoli fino a livelli fino a ieri impensabili.

“Torri Gemelle minate”: dopo 18 anni si riaprono le indagini grazie a 5 uomini. La versione “ufficiale” comincia a perdere pezzi.

lI 24 luglio scorso, 18 anni dopo la tragedia dell’11 settembre a New York, nel silenzio totale dei grandi media americani (e italiani), cinque uomini non “qualunque” si sono riuniti nel Distretto di Piazza Franklin e Munson, a un passo dai Queens di New York, per approvare, all’unanimità, una risoluzione.

Il cui testo proclama l’”incontrovertibile evidenza” del dato che “esplosivi preventivamente collocati” all’interno delle “tre torri” del World Trade Center, “ne hanno provocato la distruzione”.

Chiunque abbia seguito un poco le polemiche che da 18 anni ruotano attorno alla spiegazione dell’11 Settembre 2001, si renderanno conto immediatamente che una tale dichiarazione cancella in un colpo solo l’intero impianto della inchiesta ufficiale, contenuta nel famigerato “9/11 Commission Report”.

Dunque è importante sapere chi sono questi cinque uomini. Sono i membri della Commissione dei vigili del fuoco del Distretto di Piazza Franklin e Munson: un distaccamento di “volontari” (come lo sono i pompieri americani) che subì gravi perdite mentre portava aiuto nei primi momenti del dramma. I pompieri della Contea di Nassau che morirono nelle torri furono 24, ai quali si aggiunsero quattro residenti nel quartiere. La Commissione dei cinque (composta da uomini che 18 anni fa parteciparono a quelle operazioni e ne uscirono vivi) ha l’incarico di tenere viva la memoria di quell’evento.

I loro nomi vanno ricordati: Philip F Melloy, Dennis G. Lyons, Joseph M. Torregrossa, Christopher L. Gioia, Les Saltzman. Non perché siano famosi. Né probabilmente lo diventeranno. Ma sono importanti perché videro con i loro occhi, sentirono con le loro orecchie. Sono i primi esperti, sanno di che si tratta, portano i segni nei loro corpi.

Tuttavia non furono ascoltati, nemmeno interrogati dalla Commissione. E, se lo furono, le loro testimonianze vennero taciute o ignorate. Ci sono voluti 18 anni perché potessero trovare la forza e il coraggio di rendere pubblico, solennemente, quello che sanno. Ovviamente i grandi media americani e occidentali non diranno una parola di tutto ciò, ma questo non basterà per fermare la notizia. Non lo impedisce a noi in questo momento.

Questi cinque testimoni, pompieri di New York, cittadini americani, si sono mossi dopo che il Comitato degli Avvocati per una nuova inchiesta sull’11 settembre è riuscito a far arrivare una precisa richiesta sul tavolo del Procuratore del Distretto Sud di New York, Geoffrey S. Berman.

La richiesta era esattamente quella di riconoscere l’evidenza che il World Trade Center era stato preventivamente riempito di esplosivi, prima dell’arrivo degli aerei che colpirono due delle tre torri. Il fatto nuovo fu che l’Ufficio del Procuratore rispose (nel novembre scorso) riconoscendo che la petizione aveva il diritto di essere portata sul tavolo di un Gran Jury, cioè di fronte a un Tribunale dello Stato.

Il tempo passa, gli ostacoli ci sono e cresceranno, i ritardi si accumuleranno. Ma adesso ci sono testimoni e esperti che dichiarano pubblicamente di voler sostenere “ogni sforzo di altre istituzioni governative che “vorranno investigare e scoprire la verità — che continua a essere ostacolata — sugli eventi di quell’orribile giorno”. Così dice la risoluzione dei pompieri di New York, Contea di Nassau. Il commissario Gioia ha detto: “Noi siamo il primo Distretto che approva questa risoluzione. Non saremo gli unici”.

Ma allora risorge potente un interrogativo: chi piazzò quelle cariche esplosive nelle tre torri? Chi poteva condurre in porto una tale operazione? Non certo i 19 terroristi “islamici” che sarebbero stati (e non c’erano) a bordo degli aerei. Ci volevano squadre di specialisti ben protetti per farlo. Tutte cose di cui la Commissione Ufficiale neppure si è occupata, negando poi l’esistenza “inoppugnabile” delle esplosioni dal basso, che precedettero e accompagnarono i crolli.

Dunque la Commmissione ufficiale ha mentito. Ricordiamo che a capo dell’FBI in quel momento c’era (pura coincidenza?) colui che è al centro dell’inchiesta sul Russiagate, Robert Mueller.

(Fonte: Global Research. “Call for New 9/11 Investigation: New York Area Fire Commissioners Make History”)

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