La canapa è un’alternativa, forse in assoluta la più valida, alla plastica – Quando lo capiremo?

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Il 24 ottobre scorso il Parlamento europeo ha approvato una proposta di Direttiva, elaborata dalla Commissione, sulla riduzione del consumo in tutta l’Unione europea dei prodotti di plastica usa e getta. Secondo i calcoli, questa tipologia di oggetti costituisce il 70% dei rifiuti presenti negli oceani, motivo di diverse problematiche urgenti, prima di tutto in termini di salute. A causa della sua lenta decomposizione infatti, la plastica si accumula nei mari, rilasciando piccoli residui che vengono ingeriti dalle specie marine ed entrano nella catena alimentare, di cui ovviamente è parte anche l’essere umano. Inoltre, l’inquinamento dei mari ha un impatto economico: il costo per l’Ue dei danni dovuti al degrado causato dalla plastica che si deposita sulle spiagge è stimato tra i 259 e 695 milioni di euro all’anno, e provoca ingenti perdite principalmente al settore turistico. La nuova normativavieterà, a partire dal 2021, la vendita all’interno dell’Unione di articoli in plastica monouso come posate, bastoncini cotonati, piatti, cannucce, miscelatori per bevande e bastoncini per palloncini. Gli Stati membri entro il 2025 dovranno ridurre del 25% il consumo dei prodotti in plastica per i quali non esistono alternative. Per quanto riguarda le altre materie plastiche, come le bottiglie per bevande, dovranno essere raccolte separatamente e riciclate al 90% sempre entro il 2025.

Tra gli europarlamentari contrari alla Direttiva – tra cui, tra gli italiani, alcuni esponenti del Partito democratico, di Forza Italia e della Lega – hanno denunciato l’eccessiva fretta, le mancate valutazioni sull’impatto economico e un presunto approccio ideologico della proposta di direttiva. Uno dei temi che sta più a cuore a questa strana triade è l’effetto del divieto sull’occupazione, dato che in Italia operano 25 imprese che producono unicamente prodotti monouso in plastica. La normativa europea, però, non si esaurisce nell’imposizione di divieti, ma prevede per gli Stati membri la necessità di elaborare piani nazionali per incoraggiare l’uso di prodotti adatti ad uso multiplo, nonché il riutilizzo e il riciclo. Proprio l’Italia, allora, potrebbe trarre grandi vantaggi dal promuovere l’avvio di nuove imprese nel settore delle bioplastiche, e questo perché la storia industriale italiana fornisce un interessante spunto: la filiera agroindustriale della canapa.

Agli inizi del Novecento l’Italia produceva più canapa di quanta se ne produca oggi in tutto il mondo, dedicando oltre 90mila ettari alla coltivazione di questo vegetale. Nel nostro Paese, in base alle diverse lavorazioni, se ne ricavavano fibre tessili, corde, carta e oli commestibili. A molti risulterà strano date le attuali controversie politiche, ma nel nostro recente passato, sicuramente di stampo non progressista, persino Benito Mussolini, in un primo momento, ne aveva riconosciuto le doti. “La Canapa è stata posta dal Duce all’ordine del giorno della nazione,” affermò nel 1925. “Per eccellenza autarchica è destinata ad emanciparci quanto più possibile dal gravoso tributo che abbiamo ancora verso l’estero nel settore delle fibre tessili. Non è solo il lato economico agrario, c’è anche il lato sociale la cui incidenza non potrebbe essere posta meglio in luce che dalla seguente cifra: 30mila operai ai quali dà lavoro l’industria canapiera italiana”. Ma dopo solo pochi anni aver diffuso questo annuncio, il regime fascista dichiarò l’hashish nemico della razza e droga da “negri”, contribuendo ai malintesi tutt’ora presenti nella nostra società, perché creò confusione tra i termini di cannabis, marjuana e hashish: la prima indica infatti la pianta nella sua totalità, la seconda intende i fiori mentre la terza consiste nella resina estratta dai fiori e solo gli ultimi due, se assunti in determinati modi, hanno effetti psicotropi. Negli anni Trenta anche gli Stati Uniti si resero conto delle enormi potenzialità della canapa: nel 1941, il famoso produttore di automobili Henry Ford realizzò la prima vettura interamente costituita di plastica di canapa, più leggera ma anche più resistente delle normali carrozzerie in metallo, e alimentata da etanolo prodotto dallo stesso vegetale. Lo stesso Henry Ford, per dimostrare ai giornalisti e al pubblico l’elasticità e la resistenza del nuovo tipo di carrozzeria, si fece filmare mentre colpiva violentemente con una mazza di ferro il retro della Hemp body car senza che questa neppure si ammaccasse.

Sia in Italia che negli Stati Uniti, però, dopo la seconda guerra mondiale iniziò un lungo periodo di diffidenza nei confronti della canapa, e non solo per le sue proprietà “ricreative”. Alcuni sostengonoche il lungo periodo di proibizionismo che ha interessato la coltura di questo vegetale sia stato indotto dalle lobby del petrolio e della carta – per la fabbricazione dei giornali si richiedevano grandi quantità di solventi chimici a base di petrolio – che vedevano nel settore canapiero un nemico insidioso. Il dato storico è quello che testimonia, a partire dal dopoguerra, l’avvento nei mercati occidentali delle fibre sintetiche e la demonizzazione della marijuana a uso ricreativo: un mix che ha alimentato il progressivo indebolimento di questa industria.

Solo a partire dal 2012 l’atteggiamento di alcuni Paesi occidentali è mutato, spesso in concomitanza di una ritrovata coscienza sociale sui disastrosi problemi ambientali legati ai cambiamenti climatici. Sempre più nazioni si sono rese conto delle grandi potenzialità di questa pianta versatile e le tecnologie del nuovo millennio hanno riaperto le porte a infinite possibilità di utilizzo.

L’Italia si è parzialmente adeguata ai mutamenti politici in atto nel resto del mondo con la promulgazione della Legge 242 del 2016 che ha introdotto nel nostro ordinamento disposizioni per la promozione della coltivazione della canapa e della sua filiera agroindustriale. È il caso di dire che non si aspettava altro: la Coldiretti ha presentato pochi mesi fa uno studio intitolato La new canapa economy da cui si evince che, nel giro di cinque anni, l’Italia ha visto aumentare di dieci volte i terreni coltivati, dai 400 ettari del 2013 ai quasi 4mila stimati per il 2018. Sono campagne dove si moltiplicano le esperienze innovative, con produzioni che vanno dalla ricotta agli eco-mattoni isolanti, dall’olio antinfiammatorio alle bioplastiche, fino a semi, fiori per tisane, pasta, biscotti e cosmetici.

La bioplastica di canapa è quindi già una realtà, e non solo nei grandi Paesi industrializzati come Canada e Stati Uniti, ma anche qui in Italia. Nel 2015, in Sicilia, è stata fondata una piccola impresa, la Kanesis, creata da uno studente di Ingegneria dei materiali di 22 anni. Giovanni Milazzo ha brevettato un materiale plastico simile al polipropilene, ricavato dagli scarti di lavorazione della canapa. Il risultato è un composto di fibre naturali biodegradabile, riciclabile ed esente da tossine, prodotto a prezzi concorrenziali rispetto alla comune plastica. La pianta di canapa è inoltre molto facile da coltivare: è comunemente chiamata “erba” perché come le “erbacce” cresce molto velocemente e si è adattata a crescere in tutti i continenti tranne l’Antartide. Dal seme al raccolto, le piante impiegano solo 3 o 4 mesi per crescere e, una volta grandi, assorbono ingenti quantità di CO2 dall’atmosfera. Richiedono, inoltre, generalmente meno pesticidi, fertilizzanti e acqua rispetto ad altre risorse bioplastiche come il cotone e il legno, fornendo un raccolto più rispettoso dell’ambiente e a bassa manutenzione.

Se vogliamo continuare a vivere su questo pianeta non possiamo più girare la testa sui disastrosi problemi ambientali che abbiamo creato. Fortunatamente per noi, abbiamo sviluppato, tecniche, colture o tecnologie in grado di poter modificare il nostro impatto ambientale con meno sacrifici di quanti potevamo immaginare solo pochi anni fa. Serve però una grande volontà politica e lungimiranza. In Italia, purtroppo, rispetto ad altri Paesi occidentali, la situazione è tra le peggiori, in quanto il dualismo interno al governo, rappresentato da Lega e M5S, non offre una linea univoca sulle questioni legate all’ambiente. Inoltre, già da tempo, la scarsa volontà politica viene camuffata da ricatto occupazionale: sembra che non possiamo modificare le nostre economie perché si perderebbero posti di lavoro. Ma è falso. Le “economie green” creerebbero nuovi posti di lavoro fondando nuove imprese e riconvertendo quelle già esistenti, permettendo ai lavoratori di operare in ambienti più sani ed evitando di creare quegli abomini inquinanti come l’Ilva di Taranto.

Nel governo italiano il quadro è questo: mentre i Cinque Stelle si dicono favorevoli alla promozione della coltivazione della canapa, il ministro dell’Interno Matteo Salvini sta da tempo mettendo in discussione la legge 242/2016, ed è facile immaginare che una stretta repressiva per contrastare la vendita di cannabis light potrebbe avere ripercussioni anche sulle coltivazioni funzionali ad altri usi. In più, mentre il M5S sembra sensibile al tema dell’inquinamento dovuto alla plastica, gli europarlamentari della Lega hanno contestato la buonafede della Direttiva Ue e hanno votato contro. Per anticipare gli effetti delle decisioni prese in Europa, al contrario, il ministro Costa, del M5S, ha presentato la Legge Salvamare, finalizzata a promuovere il recupero dei rifiuti dispersi nelle acque nostrane, il cui iter parlamentare dovrebbe iniziare da gennaio 2019. La proposta ha già generato contrasti interni al governo, e la sottosegretaria leghista al ministero dell’Ambiente Vannia Gava ha prontamente espresso il suo disaccordo, chiedendo di coinvolgere anche “i numerosi operatori industriali nel settore delle plastiche”. Non si può dunque escludere che dal prossimo anno il tema dell’inquinamento delle plastiche usa e getta sarà un campo di battaglia su cui i partiti di governo Lega e M5S misureranno le loro forze. Purtroppo, sempre con un pietoso anacronismo e a nostro discapito.

fonte: https://thevision.com/attualita/canapa-plastica-italia

WI-FI – La morte invisibile che sta distruggendo le nuove generazioni

563Quella che risulta essere la principale minaccia per la nostra salute è anche naturalmente quella che più viene tenuta nascosta dai media. Un giro economico più che miliardario,
legato ai settori in piena crescita della telefonia e della tecnologia wireless in genere, monopolizza infatti l’informazione, impedendo che si sappia a livello di massa un’inquietante verità: l’esposizione alle radiazioni di microonde a basso livello (Wi-Fi) è causa conclamata di irreversibili danni cerebrali, cancro, malformazioni, aborti spontanei, alterazioni della crescita ossea. E la fascia di popolazione più a rischio è rappresentata in assoluto dai bambini e dalle donne.
Non stupisce quindi che tutto questo fosse ben noto e documentato in ambito medico e scientifico già molto prima che la tecnologia Wi-Fi dilagasse in tutte le nostre case, arrivando quotidianamente alla portata anche dei bambini. Gli effetti biologici non solo pericolosi, ma letali di questa tecnologia sono stati abilmente tenuti nascosti al pubblico per preservare i lauti profitti delle aziende e per foraggiare le tasche dei vari Bill Gates, Steve Jobs e Carlo De Benedetti.
Come ha dimostrato il Professor John Goldsmith, consulente dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in pidemiologia e Scienze della Comunicazione, l’esposizione alle radiazioni di microonde Wi-Fi è diventata ormai la prima causa di aborti spontanei: addirittura nel 47,7% dei casi di esposizione a queste radiazioni, i casi di aborto spontaneo si verificano entro la settima settimana di gravidanza. E il livello di irraggiamento incidente sulle donne in esame partiva da cinque microwatt per centimetro quadrato. Un tale livello potrebbe sembrare privo di senso per un non scienziato, ma diventa però più significativo se diciamo che è al di sotto di quello che la maggior parte delle studentesse riceve in un’aula dotata di trasmettitori Wi-Fi, a partire dall’età di circa cinque anni in su.
Il dato ancora più allarmante è che nei bambini l’assorbimento di microonde può essere dieci volte superiore rispetto agli adulti, semplicemente perché il tessuto celebrale e il midollo osseo di un bambino hanno proprietà di conducibilità elettrica diverse da quelle degli adulti a causa del maggiore contenuto di acqua. L’esposizione a microonde a basso livello permanente può indurre ‘stress’ cronico ossidativo e nitrosativo e quindi danneggiare i mitocondri cellulari (mitocondriopatia). Questo ‘stress’ può causare danni irreversibili al DNA mitocondriale (esso è dieci volte più sensibile allo stress ossidativo e nitrosativo del DNA nel nucleo della cellula). Il DNA mitocondriale non è riparabile a causa del suo basso contenuto di proteine istoniche, pertanto eventuali danni (genetici o altro) si possono trasmettere a tutte le generazioni successive attraverso la linea materna.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha evidenziato questi rischi in un documento di 350 pagine noto come “International Symposium Research Agreement No. 05-609-04” (“Effetti biologici e danni alla salute dalle radiazioni a microonde – Effetti biologici, la salute e la mortalità in eccesso da irradiazione artificiale di microonde a radio frequenza”). La sezione 28 tratta in modo specifico i problemi riguardanti la funzione riproduttiva. Questo documento è stato classificato ‘Top Secret’ e i suoi contenuti celati dall’OMS e dall’ICNIRP (International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection – Commissione Internazionale per la Protezione dalla Radiazione Non-Ionizzante).
Da un ottimo articolo di Barrie Trower pubblicato dall’edizione italiana della rivista Nexus, apprendiamo quali sono i rischi principali per i bambini esposti all’uso di cellulari e a tecnonologie Wi-Fi:
L’irradiazione di microonde a bassi livelli influenza i processi biologici che danneggiano la crescita fetale. Non solo: gli stessi processi biologici sono coinvolti per:
– Barriera Ematoencefalica: si forma in 18 mesi e protegge il cervello dalle tossine. Si sa che viene alterata. – Guaina Mielinica: ci vogliono 22 anni perché si formino i 122 strati di cui è composta. E’ responsabile di tutti i processi cerebrali, organici e muscolari. – Cervello: ci vogliono 20 anni perché si sviluppi (vi assicuro che i cellulari non lo aiutano in questo). – Sistema Immunitario: ci vogliono 18 anni perché si sviluppi. Il midollo osseo e la densità ossea sono notoriamente influenzati dalle microonde a bassi livelli come pure i globuli bianchi del sistema immunitario. – Ossa: ci vogliono 28 anni per lo sviluppo completo. Come menzionato, il grande contenuto di acqua nei bambini rende sia le ‘ossa molli’ che il midollo particolarmente attraenti per l’irradiazione con microonde. Il midollo osseo produce le cellule del sangue.
Chiaramente, quelli che decidono per noi stanno sottovalutando una pandemia di malattie infantili finora sconosciuta nelle nostre 40.000 generazioni di civiltà, che può coinvolgere più di una metà delle mamme/bambini irraggiati al mondo.
Alla luce di questi dati allarmanti e delle previsioni di molti scienziati secondo i quali, se proseguirà con questo ritmo la diffusione incontrollata dei sistemi Wi-Fi, entro il 2020 il cancro e le mutazioni genetiche saranno diffusi in tutto il mondo a livello pandemico, molti paesi stanno fortunatamente correndo ai ripari, varando leggi che limitano per i bambini l’uso dei cellulari e rimuovendo dalle aule scolastiche i dispositivi wireless.
Il Comitato Nazionale Russo per la Protezione dalle Radiazioni NON-Ionizzanti, in un proprio documento di ricerca intitolato “Effetti sulla salute dei bambini e adolescenti” ha evidenziato nei bambini esposti a queste radiazioni:
1) 85% di aumento delle malattie del Sistema Nervoso Centrale
2) 36% di aumento dell’epilessia
3) 11% di aumento di ritardo mentale
4) 82% di aumento di malattie immunitarie e rischio per il feto.
E nel 2002, 36.000 medici e scienziati di tutto il mondo hanno firmato l’ “Appello di Friburgo”. Dopo dieci anni, l’Appello è stato rilanciato e mette in guardia in particolare contro l’uso del Wi-Fi e l’irradiazione di bambini, adolescenti e donne incinte. Quello di Friburgo è un appello di autorevoli medici internazionali che in Italia ha purtroppo trovato scarso ascolto.
E allora che fare? Come proteggere noi stessi, e soprattutto i nostri bambini, da questa letale minaccia invisibile?
Il sito Tuttogreen ha diramato un utile prontuario, consistente in dieci consigli pratici, che qui di seguito vi riporto:
1) Non fare usare i telefoni cellulari ai bambini, se non in caso di emergenza. Tollerati gli SMS, ma è meglio ridurre anche quelli. In Francia, non a caso è stata vietata la pubblicità dei telefoni cellulari rivolta ai minori di 14 anni;
2) Utilizzare sempre gli auricolari con cavo (non quelli wireless). Anche l’uso del vivavoce è consigliabile;
3) In caso di presenza di poca rete o di mancanza di campo, non effettuare chiamate. In questi casi sarà necessaria più potenza radiante, con conseguenti maggiori radiazioni;
4) Usare il cellulare meno possibile in movimento, come ad esempio in treno e in automobile. Il rischio costante di diminuzione del segnale aumenta in questi casi l’emissione di radiazioni;
5) Non tenete il cellulare vicino all’orecchio o vicino alla testa in fase di chiamata, quando le radiazioni sono più forti. Fatelo semmai dopo aver atteso la risposta;
6) Non tenete il cellulare in tasca dei pantaloni, nel taschino della camicia o nella giacca che indossate;
7) Cambiate spesso orecchio durante la conversazione e, soprattutto, riducete la durata delle chiamate;
8) Utilizzate il più possibile, quando potete farlo, la linea fissa non wireless, oppure strumenti di instant messaging come Skype o similari;
9) Non addormentatevi mai con il cellulare vicino alla testa, ad esempio usandolo come sveglia;
10) Scegliete sempre modelli che abbiano un basso valore di SAR (tasso di assorbimento specifico delle radiazioni).
Un undicesimo consiglio lo aggiungo io: se proprio dovete utilizzare un cellulare per comunicare con il mondo che vi circonda, evitate di usare gli smartphone. Sono in assoluto i più pericolosi!
https://www.dionidream.com/wi-fi-la-morte-invisibile-che-sta-distruggendo-le-nuove-generazioni/

 

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“Lo so che perderò il posto di lavoro ma basta tacere, si muovono ancora e io non ce la faccio più!”

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La fine all’omertà su questo squallido argomento ha una data, in realtà ha anche un nome adesso.
Lui si chiama Mauricio e nel mese di Novembre del 2016 ha deciso di dire basta allo scempio che noi in realtà già conoscevamo come “la strage dei mai nati”.

 

Loro sono i figli di quelle mucche che vengono macellate nei mattatoi, l’operaio deve aprire con il coltello il ventre della madre gravida e quando il piccolo cade a terra lo trascinano allo scarto. Mauricio ha una coscienza che va oltre il posto di lavoro e decide di filmare il tutto e chiedere aiuto:
“So che perderò il posto ma in realtà lo spero, io o chi come me deve gettare il vitello tra i rifiuti pieni di m….. A volte si muove, come se fosse vivo. Lo facciamo tutti i giorni, almeno cinquanta volte a settimana. In nome di Dio, come si fa ad ucciderli? Delle vacche incinta e dei vitelli che stanno per nascere!”
La pratica è legale, avete capito bene, legale! A seconda della maturità del vitellino si decide se buttarlo direttamente nel tritarifiuti, oppure spellarlo ancora vivo per vendere la pelle per l’abbigliamento. Mauricio ha filmato tutta la macabra procedura, riprendendo anche la parte mostruosa del corridoio della morte. Cioè dove le povere bestie, circa 1500 a settimana, riflettete sul numero, vengono spinte con forconi verso la pistola che li stordirà, purtroppo molti colpi vanno a vuoto e l’animale, per la fretta della produzione, gli verrà tagliata la gola ancora vivo.
Gli animali capiscono cosa sta succedendo, per questo non camminano, sentono i lamenti agonizzanti e vedono il sangue dei loro figli e fratelli. Alcuni stati europei come la Svezia e la Danimarca hanno chiesto, dopo una ribellione di massa che vengano irrigidite le regole della macellazione. I mattatoi sono veri luoghi di tortura, conta solo la produzione e Mauricio ha fatto qualcosa di grande, non verrà dimenticato da molte persone che amano gli animali e che si battono per la loro dignità dalla vita nell’allevamento alla morte per decisione della bestia che è l’uomo. In molti continuano a dire che non vogliono sapere quello arriva sulle loro tavole ma ignorare una realtà non fa venir meno la sofferenza che si cela dietro di essa. Un grazie da parte nostra a quest’uomo che ha deciso di denunciare e un grazie a te che ritenendo orrenda questa pratica condividerai con i tuoi amici, succede anche vicino a te!

 

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Caro genitore, se tuo figlio è maleducato, la colpa è tua!

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Bambini maleducati o genitori maleducati?

Spesso la maleducazione di alcuni bambini nasce dalla maleducazione dei genitori, oppure dal loro menefreghismo.
bambini maleducati genitori maleducati
Bambini maleducati al ristorante:
Mi spiego meglio. Prendiamo l’esempio del ristorante e dei luoghi pubblici. Non parlo della fascia due – quattro anni, quando i bambini fanno capricci in modo improvviso e quasi fisiologico, ma di bambini più grandi. Dai cinque anni in su.
Bambini che giocano in modo violento, urlano e non si rendono conto che stanno disturbando altre persone.
Genitori che pur di farsi gli affari propri fanno finta di non vedere.
Poi, spesso, entra in gioco il sesso dei figli. Perché se i bambini in questione sono maschi, qualsiasi comportamento violento o maleducato, sarà quasi giustificato.
“Ma è un maschio, fa giochi da maschio”
Come se essere maschio prevedesse un minor uso della ragione, non poter controllare i propri istinti (se un altro bambino mi fa arrabbiare posso dargli una spinta, urlare, rispondere male – in fondo sono maschio) ed essere maleducati.
I furbetti:
Oppure capita di imbattersi in genitori che sono quasi orgogliosi quando i loro figli, anche con comportamenti poco onesti, prevaricano gli altri bambini. Una volta alle giostre ho sentito dire ad un padre “brava” alla propria figlia, perché aveva saltato la fila.
Insomma come se comportarsi bene fosse da scemi. Come se non esistesse il rispetto reciproco, il senso civico.
Bambini maleducati o genitori maleducati?
O genitori distratti. Pigri. Menefreghisti.
Educare un figlio è più difficile che non educarlo.
Spesso i genitori fanno finta di non vedere.
Ad esempio alle feste di compleanno. C’è sempre qualcuno che si comporta male con altri bambini, distrugge cose. Ok, i bambini dovrebbero imparare a gestirsi tra di loro. Ma un genitore che vede il proprio figlio comportarsi male, perché non dovrebbe intervenire? Se non glielo dice lui come dovrebbe comportarsi chi dovrebbe farlo?
E’ che tutto questo richiede uno sforzo, che secondo me molti genitori non hanno voglia di fare. Perché dopo una giornata di lavoro e mille problemi, sono stanchi e lasciano perdere.
Non hanno voglia di riprendere i propri figli per un comportamento e spiegargli il motivo. Dirgli un no ed avere anche la pazienza di reggere il capriccio che ne seguirà.
Spesso non hanno nemmeno il tempo di fare cose con loro e conoscerli meglio visto che la giornata è un incastro tra scuola e altre mille attività.
A me sembra che molti bambini nella loro maleducazione tentino di attirare l’attenzione dei loro genitori dicendogli “ehi guardami”.
Ma i genitori sono sempre  troppo distratti, troppo stanchi o troppo pigri per guardare, educare e seguire i propri figli. Peccato.

TREDICENNE POTREBBE CAMBIARE IL MONDO! HA INVENTATO DISPOSITIVO CHE PRENDE ENERGIA DALL’ARIA!

3631Un tredicenne potrebbe cambiare il mondo! Max Loughan potrebbe essere il capofila di un nuovo filone della scienza.
Max quando e’ stato intervistato da una tv locale indossava il camice come un vero scienziato.” Loughan si trova nella vecchia stanza che prima ospitava le caldaie che ha trasformato in un laboratorio. Egli riflette spesso sul futuro.Vuole rendere il mondo un posto migliore e per farlo, Max crede che l’umanita’ abbia bisogno di una sola cosa: L’energia – “Se hai energia, tu hai potere, hai tutto.” Così per risolvere questo problema, alcuni mesi fa, Max ha deciso di affrontare la questione creando una mietitrice elettromagnetica con un semplice cucchiaino un po’ di filo, e qualche bobina ,tutto alla modica cifra di 14 dollari. Questo dispositivo e’ in grado di catturare dall’etere onde radio, energia termica e statica trasformandola in elettricità. “Questo filo prende energia dall’aria”.Ha affermato il piccolo genio facendo una dimostrazione con l’aiuto del fratello che indossava una matrice di led che come per miracolo si sono tutti illuminati senza alcuna fonte di alimentazione.La Famiglia di Max è entusiasta di cio’ che ha compiuto il loro figlio,lui si ispira a due grandi scienziati del passato Einstein e Tesla.

http://www.ktvn.com/story/31260413/13-year-old-creates-energy-harvesting-device